venerdì 21 dicembre 2012

Il puntale del mio albero!





Arrivo in tempo? Forse si. E’ la domanda che mi pongo in questi giorni... da un bel po’ di giorni. Perché il tempo che passa e  le date, le scadenze ci danno il loro bel da fare. E se decido di riscrivere oggi ,  giornata nazionale della fine del mondo, il motivo è che non voglio andarmene senza aver ricordato e condiviso un ricordo di natale magico, un natale di tanto tempo fa  che so non tornerà più.
Il giorno di natale la mia famiglia si riuniva tutta a casa di mia nonna paterna. Arrivavo correndo e spalancavo la porta secondaria , quella della cucina,  accolta da fumi e vapori odorosi che erano già presagio di cose buone. L’abbraccio con mia nonna, il mio viso sul quel suo maglione ruvido e intriso di sugo e frittura, confermavano tutto: dal primo all’ultimo piatto. Il camino acceso e scoppiettante   mi preoccupava non poco. “Ma come farà babbo natale a passarci” mi domandavo scrutando il pezzetto chiaro, in alto in cima alla canna fumaria stretta e buia.  La stanza adiacente era la mia preferita: nell’angolo , su un tavolino, svettava un alberello, ricco e guarnito di palle colorate di varie dimensioni. Sulla cima, il puntale: blu, scintillante, un pò pendente. Il tavolo lunghissimo, grande, immenso  era già apparecchiato e nell’attesa di metterci a tavola , saltellavo  sul  pavimento dalle forme geometriche, il gioco preferito. I miei piedi dovevano centrare l’una o l’altra figura, senza calpestare le linee. All’improvviso il segnale: “A tavola! E’ pronto!” E cosi , dalle altre stanze , per magia, zii e cugini si materializzavano e sedie, bicchieri e forchette prendevano vita non prima di aver detto la preghiera. Il mio sguardo però tornava sempre  al puntale : “E se cade nonna”? Mi tranquillizzava  e ancora una volta si alzava per aggiustarlo nel migliore dei modi: “Ora non cadrà” mi diceva  e per me la festa poteva iniziare. Poi, non so cosa sia accaduto ma nessun natale è stato più come quello. Non che siano stati brutti ma diversi. Molti dei commensali sono andati lontano,  alcuni cosi lontano da non tornare più. Ogni tanto, come oggi, penso a quella sala: vuota, il tavolo come rimpicciolito, i miei piedi  che ricoprono molto più di una mattonella. Intorno a quel tavolo solo silenzio. La magia è svanita ma è viva se penso ai  volti, ai brindisi strampalati, le urla di noi bambini e  l’allegria della vita che si consumava tutta  attorno ad esso. Momenti di vera condivisione.  Oggi non vi lascio con una ricetta ma una  cartolina che spero possa donare un barlume di speranza e di gioia nei momenti un po’ cosi. Che possa essere un auspicio e una nuova partenza sempre, nelle difficoltà e  per tutti i giorni dell’anno. Che possa aiutarvi a pensare che il puntale può pendere ma sta a noi non farlo cadere.  Auguri di ogni bene!
fulvia

lunedì 10 dicembre 2012

Ho fatto 13!....(E mangio le panelle di ceci)




Se volete avere un’idea di come ci si sta preparando al natale in questo nostro Paese , allora fate un giro presso uno dei tanti mercatini dell’usato sorti negli ultimi anni nelle nostre città. Se non fosse che viviamo in un ‘epoca di totale incertezza, confusione e sbandamento  verrebbe quasi da pensare che ci siamo (finalmente!)  rinsaviti e puntiamo tutti sull’ecologico, con grande soddisfazione di madre terra.  Cosi non è., purtroppo. Sono ben altri i motivi che ci spingono in questi luoghi.
Venerdì pomeriggio faccio un salto in un mercatino non lontano da casa,. Non ho alcun problema a dire che ci vado: per l’ecologista che è in me , perché si trova di tutto di più - dal cappello della nonna, alla terrina in ceramica che cercavi da tempo -  e perché, non da ultimo si risparmia dando vita a vecchie cose (ma anche nuovissime! ). Un paradiso per la sottoscritta che si perde tra le corsie  ricche di ninnoli vari,  pentole , giocattoli, mobilia demodé e libri, tanti libri. 
Mentre il maritozzo passava in rassegna tutti gli LP del secolo in corso -  (what’s LP ? Long Play per le nuovissime generazioni che mi leggono, trattasi di vinile di lunga sonata. Un piatto nero con solchi concentrici che  messo su uno strumento chiamato  giradischi, produceva musica )  -  io, dall' ’altra parte dei locali notavo una fila crescere. Pensavo fosse la cassa e invece…la gran folla con buste, bustoni, carrelli pieni di ogni che attendeva di essere ricevuta per la valutazione.. Qui si può portare di tutto. Tutto  è diviso per genere merce e viene valutato e concordato un prezzo che al momento della vendita  viene diviso tra ex proprietario e negozio. Tutto ciò a meno che di ricevere un rifiuto. Dall’altra parte del bancone, “il selezionatore de noantri” : sciarpetta al collo e R moscia., decide le sorti della prossima moda pret a porter . “No tesovo, questa non te la posso pvopvio pvendeve. Andava tve anni fa ( mi faccio sorgere un dubbio: ma se è tutto vintage qui???) -, non la vendevei” aggiunge. E’ evidente che un suo si o un suo no valgono tanto per chi confida anche in pochi euro di guadagno. Le espressioni sui volti parlano chiaro: niente merce, niente party e avanti il prossimo. La coda si scioglie ma già nuovi clienti attendono di essere ricevuti numeretto alla mano. E si ricomincia.

Rifletto  e non poco su uno spaccato di vita dei giorni nostri. Su quanto la dice lunga ritrovarsi qui, su quanta speranza è riposta in chi vende le proprie cose per andare avanti,  Su come ci si ingegna per  provvedere a qualche regalo per Natale, poco importa se  di seconda mano .  Una signora  alle mie spalle esclama a gran voce: “Ah bello, famme un prezzo bono che questo è puro cascmi e mi marito ce teneva tanto”.. Il maritozzo mi recupera  che è orario di chiusura: mi sento fortunata, no meglio , come se fossi la persona più ricca del mondo  e avessi fatto tredici e tra le mani stringo  qualche porcellana da forno .


Cosa vi occorre
600 gr di farina di ceci
Olio evo
Sale
Prezzemolo
Alcune gocce di limone

Come procedere
Sciogliere la farina di ceci in acqua salata e lasciare andare a fuoco dolce, girando spesso con una paletta di legno e sempre nello stesso senso. Dovete evitare si formino grumi. Quando il composto è pronto , spezzettate grossolanamente il prezzemolo. E girate ancora un po’. Preparate una padella e portate ad alta temperatura l’olio per friggere .Con l’aiuto di un cucchiaio formate delle quenelle e lasciate friggere per qualche minuto. Scolatele su carta assorbente e servite con qualche goccia di limone.. Tipiche della sicilia occidentale, andrebbero fritte anche nello strutto e  mangiate ancora calde dentro il pane caldo tagliato a metà.


mercoledì 5 dicembre 2012

Il ciambelletto che vien dalla campagna (…. e poi parte per la città) Ciambelletti al vino con anice, pistacchi e pinoli



Questa è la storia di un’amicizia. No è la storia di due amicizie che in qualche modo portano l’una all’altra. La prima, giusto per voler numerare le cose, risale a molti anni fa , quando ero adolescente e la cucina per me era solo un ripiano con quattro fuochi e di più nin zapevo. La seconda , più recente, è virtuale ma ha lo stesso valore della prima.
I ciambelletti che vedete nella foto sono il frutto di un’antica tradizione bellegrana. Bellegra è un piccolo paesino arroccato su un monte. Non è la prima volta che ne parlo. Si trova in provincia di Roma e sembra un presepe per quanto è bello. Mi reco almeno una volta all’anno a fare un giretto (tipo cammino di santiago J) . C’è buona aria, una vista mozzafiato sulla vallata, una campagna ricca di vigneti e ortaggi che non vi dicoe ...mia zia Rosaria. Zia di adozione ma poco importa. Ha la sua casa estiva qui ma  vive a Milano e ogni volta mi insegna qualcosa in cucina.  La conosco da una vita ed è ’ lei che mi ha insegnato a fare questi dolcetti tipici di queste parti. Sono la fine del mondo! Ora per farla breve  vi dico che li ho adottati come dolce ufficiale di casa mia. Perché?  Beh, sono di facile realizzazione, si fanno con tre ingredienti base e si possono arricchire come più piace. Li preparo tutto l’anno: per natale, a pasqua e in generale per sgranocchiarli e regalarli , per  farli conoscere. Ho amici che ne vanno matti. Quest’anno il mio parco amicizie si è arricchito e ne sono davvero contenta. Sono sempre stata  scettica verso le amicizie che nascono in rete (…figuriamoci i matrimoni poi!) ma come sempre accade in questi casi, mi sono dovuta felicemente ricredere. Ho conosciuto Sara navigando tra i foodbloggers alla ricerca di pizze e indicazioni sul lievito madre. Ecco, lei è un vero guru in questo ed è cosi che è iniziata. La settimana scorsa le  ho spedito i ciambelletti campagnoli perché li provasse. E sapete dove si trova lei?  A Milano naturalmente  ed il mio personale  cerchio si chiude.
Se avete voglia di impacchettare dolcetti e biscotti, vi consiglio questo sito, ci sono cosette davvero carine. anche in vista del natale.


Cosa vi occorre:
1 bicchiere di olio evo
1 bicchiere di vino bianco o rosso
1 bicchiere di zucchero
Farina q.b.
Zucchero per decorare
Anice, pistacchi, pezzetti ni di cioccolata, pinoli…C’è chi aggiunge una punta di lievito. Io non la metto ma fate voi.


Come procedere: 
Lavorate con le mani in una coppa  i tre ingredienti con una manciata di farina. Aggiungete l’anice e continuato a lavorare. Se vi sembra tanto liquido aggiungete altra farina sino ad ottenere un impasto elastico  ma molto morbido. Fatene un salame e tagliatene un pezzetto. Di  ogni pezzetto fatene salamini i cui lembi andrete a unire. Passate solo un lato del ciambelletto nello zucchero e aggiungete le spezie che avete scelto per decorare. Mettete in forno già caldo a 180 gradi statico per circa 10 minuti o comunque sino a quando non sono dorati.

Con questa ricetta partecipo al contest di Dida








venerdì 30 novembre 2012

Era un notte buia e tempestosa...(sottotitolo un premio e gli gnocchi con fontina e pancetta)




La sottoscritta, come forse ormai alcuni di voi sapranno, condivide le sue mura con due animali domestici. Uno di questi è arrivato di recente in famiglia, si fa volere bene anche se  si è subito impossessato delle proprietà del primo e unico gatto presente sino a qualche tempo fa. Questo dovrebbe rispondere al nome di Romeo (che si è capito non gli piace per niente come nome perché ci ignora ad ogni richiamo). L’altro gatto, il primo, tornato a metà novembre da un lungo soggiorno in quel del Salento, è Luna altrimenti chiamata gattocane, mansueta e docile,  adottata da me quando era ancora un palla di pelo nero , da ormai quasi 10 anni ignora di avere artigli con i quali difendersi. Va da se che i due non convivono felicemente se  Romeo detto “ coccolosofetente” stuzzica gattocane espropriata dei suoi beni. Lei si limita a  ruggire ma vi assicuro che la sente tutto il vicinato.  Per questo motivo i due vivono separati: coccolosofetente nella ex-cuccia villetta di luna sul terrazzo con servizi annessi; lei sul divano di casa dato che non c’è altra soluzione e  che piove solo da 52 ore e mezzo ( a proposito ho ordinato il kajak da decathlon!). L’altra notte un alito leggero e caldo come una piuma ha sfiorato il viso della sottoscritta che senza sapere, come, dove e perché, è saltata un buon paio di cm dal letto prima di realizzare che gattocane la  guardava perplessa ed esprimeva il suo disappunto per tanto baccano con un miagolio tenue e insistente. Inutile dirvi che nè le luci da festa patronale della stanza, ne l’acuto a mò di Ricciarelli hanno scosso minimamente  il sonno del resto della  Patatenovelle family  generando non pochi e confortanti  dubbi nella sottoscritta. Una volta ripreso possesso delle sue facoltà, la malcapitata ha seguito gattocane  sino alla ciotola, piena peraltro, e poi, solo dopo un quarto d’ora di ciondolamento e congelamento ha accompagnato l’amica pelosa  alla porta finestra in un barlume di lucidità: era alla ricerca della toilette felina.. Tutto questo più o meno alle ore 2,45 del mattino con diluvio universale in corso. 
La morale di questa novella è: se avete anche voi dei gattocani come il mio (ma anche no! J ) spendete una manciata di euro per l’acquisto di una toilette felina poco ingombrante e molto pratica  ma fatelo prima, molto prima di  una notte buia e tempestosa.



Oggi posto anche  il graditissimo  premio ricevuto dalla cara Emma 
Le regole sono semplici ed è  l'occasione per esprimere un pensiero in più verso la vostra scelta. Menzionate la fonte e giratelo ad altre 5 bloggers che abbiano meno di 200 followers. Questo è un modo come un altro per conoscere nuovi amici e amiche!




I piattini di Drilli, perché non si perde mai di animo e continua allegramente a foodbloggare

La libreria di Valentina, perché è nata da poco e vuole condividere amici con gli stessi interessi

E il basilico di Eleonora per la profondità dei suoi pensieri e perché nessuno di noi può farne a meno (è basilico del resto!)

Fabiola de La deliziosa signorina effe le cui foto e set  incantano

Un ciclone in cucina di Marisa perché ha la capacità di comunicare tutto in modo semplice e diretto

Grazie ragazze per avermi accolta, ma grazie a Emma che ho avuto sempre il piacere di seguire anche da lontano e in silenzio

Cosa vi occorre per la ricetta:

semolino 350 gr
burro 160 gr
Parmigiano REggiano 60 gr.
latte 1,5 lt.
fontina 70 gr.
tuorli 3
sale
di pancetta a dadini anche affumicata 150 gr.


Come procedere:
Scaldata il latte in una casseruola , unite il sale e 1 dadino di burro.Portate a bollore. Versate a pioggia il semolino continuando a mescoalre con un cucchiaio di legno o una frusta a mano. Proseguite la cottura a fuoco dolce continuando a mescolare per non formare grumi. Grattuggiate intanto il parmigiano. Togliete dal fuoco e aggiungete i tuorli e il Parmigiano, mescoalte.Bagnate una teglia e rivestitela con della carta forno bagnata e strizzata. Versate il semolino preparato con a uno spessore di 1/2 centimetro con l'aiuto di una spatola. Io ho usato il dorso del cucchiaio. Lasciate raffreddare completamente. Ritagliate dei dischi con il bicchiere . Grattuggiate la fontinaa scaglie con la mandolina e mettete in forno già caldo a 200 gradi. Cospargete i dischi di fontina e di cubetti di pancetta. Sfornate non appena la fontina si sarà sciolta e la pancetta bruschettata.





mercoledì 28 novembre 2012

Una questione farinosa...e ci scappa una polenta!



Ho un problema che mi impone una scelta. 
Una volta a settimana la sottoscritta si scapicolla al super per fare la spesa. Il super non comprende però l’acquisto di frutta e verdura che di norma avviene dal Signor Luigi, il fruttarolo come si dice da queste parti. Dunque, correggo: una volta a settimana la sottoscritta si scapicolla al super e quasi sempre, in successione , dal signor Luigi. Si scapicolla perché? Perché  preferisco fare la spesa durante la settimana piuttosto che il fine per vari motivi: il sabato e la domenica non ci sono gli arrivi freschi (leggi bancone del pesce); c’è meno gente che è una meraviglia, ci si rilassa e diverte di più ( mai provato il lancio del carrello? Solo a corsia vuota eh J) ; a volte il mercoledi in particolare ci sono più offerte e non da ultimo, senza figli è di gran  lunga più gestibile. L’unico problema è l’orario perché entro una certa ora devo essere davanti al portone della scuola di mio figlio, cascasse il mondo altrimenti sarò trasformata nella " mamma perennemente in ritardo con le buste  della  spesa"  e qualche surgelato in macchina pronto a sciogliersi. Non  vi dico l’espressione di chi mi apre il portone al mio buonasera :" Ah signò che je successo?”Ma non è questo il problema.
Ultimamente a questa folle corsa della settimana, si  è aggiunto un  problema. Non riesco a tornare a casa senza aver comprato uova e farine varie. Beh se mancano, direte voi. Eh no, il punto è proprio questo: per chi ne ha memoria, sembro la Pina, la celeberrima moglie di Fantozzi innamorata del panettiere che ogni giorno si reca al forno solo per vedere l’amato a comprare, comprare pane a più non posso…Io faccio cosi ad ogni spesa. Ho tutti  i tipi di farina oramai: zero e doppio zero di varie marche; con lievito e senza, integrali, di ceci, di castagne, di farro…. Per non parlare del senza glutine. E poi ci sono quelle di mais… ne  sono convinta, in casa mia mai senza. Ecco, ho fatto outing! Mio marito è arrivato a dirmi: scegli o me o le farine. E io ? Penso che forse dovevo andare in psicoterapia come la mia amica Ros.
Sono diventata  una maniaca della corsia “ farine e conserve” e una foodblogger che non trova pace se la sua dispensa non conta confezioni colorate e un po’ mollicce per un numero inferiore a ..beh, lasciamo perdere quante... Insomma, felice di averle ma non so resistere ogni volta a questa terribile tentazione! Si guarisce? E come? Ma soprattutto,   mio marito o le farine :-)?


Cosa vi occorre
200 gr. farina di mais (anche la precotta va bene)
un paio di wurstel
riccioli di zucchina per decorare
100 gr. formaggio grana grattuggiato
una noce di burro


Come procedere
Preparate la polenta portando ad ebollizione dell'acqua salata e a bollore raggiunto , salate e versate la farina a pioggia. Mescoalte velocemente onde evitare grumi. Aggiungete una noce di burro e lasciate raffreddare un pochino. Prima che sia del tutto fredda, stendetela rapidamente in una teglia formando uno strato.A questo punto procedete come se fosse un gateau di patate e farcite con  i wurstel e il grana. Ricoprite con la restante polenta. Cospargete con formaggio e qualche ricciolo di zucchina aiutandovi con il rigalimoni e mettete a forno caldo per 10 minuti a 150 gradi.Quando sarà dorata, servite calda.


giovedì 22 novembre 2012

Un libro e una tarte tatin



E’ inutile, non lo capirò mai. Io che sin da età prescolare salutavo perfino ogni singolo piccione per strada (mi dicono) non lo capirò mai. Sarà che questa crisi ci sta deviando nell’anima (lo dico senza crederci troppo però). Sarà che le giornate storte le abbiamo tutti e quando non ci gira bene non ce n'è per nessuno? Perché mai , mi chiedo, salutando  qualcuno magari nell’ascensore, per strada, al super , un buongiorno o  buonasera costa tanto?  Cosi per pochi minuti mi ritrovo a guardare nel vuoto chiedendomi cosa ho sbagliato. Il tizio che incroci ogni dì abbassa lo sguardo e va via; il benzinaio che da anni  ti serve va di fretta; la signora dal parrucchiere che alza gli occhi dalal sua rivista non accenna neanche ad un sorriso. Sono li , ma ignorano il tuo saluto. E poi il tizio dell'ascensore che porta a spasso fuffi: anche lui, niente. Almeno fuffi accenna uno scondizolio....almeno lui..
Siamo cosi stressati/distratti/assenti da non poter spendere un nanosecondo per augurare una buona giornata? Eppure sarebbe cosi semplice.….
 Ogni tanto è opportuno, dico io  rispolverare delle piccole regole di educazione, di vivere civile. Questo non perché non ci siano state insegnate, ne sono certa,  ma perché questi tempi moderni ci impongono una fretta che non può e non deve giustificare tutto a mio parere. Tempo fa mi è stato regalato questo bellissimo libro. Uno di quelli che difficilmente si nota in libreria ma che ha una lunga storia da raccontare, una storia che parte nel 1960. “Il saper vivere di DonnaLetizaè stato per anni il vademecum di giovani donne  alle prese con inviti, regali, pranzi e cene. Inchistro, (tanto a quell'epoca!) per esprimere opinioni  su come salutare; a chi cedere il passo; come apparecchiare; come comportarsi a tavola. Su cosa servire prima e su cosa evitare se gli ospiti sono reduci da un lungo viaggio. Su cosa portare in vacanza e cosa lasciare a casa. Il savoir- faire veniva  elargito dalle pagine di una nota rivista femminile, Grazia, presso la quale l'autrice,   Madame Colette ( all’anagrafe Rosselli, nota anche per essere stata la moglie di Indro Montanelli) ,  in arte Donna Letizia , rispondeva.  E se a questo punto vi venisse in mente la ben più nota Julia Child, sappiate che non è un caso: le due sono nate nella stessa epoca e forse qualcosa vorrà dire. Chissà che  facendo qualche ricerca più approfondita non  si scopra anche  di più.   “Il mondo cambia” racconta Madame in un’intervista - “ ma le buone maniere no”… o almeno non dovrebbero. Le etichette e consuetudini  che si leggono fanno sorridere forse e c’è un bon ton per ogni luogo e situazione, un vero riferimento per essere impeccabili in casa, fuori e con gli altri.
 Io ho provato a calarmi negli anni 50 per preparare questa torta. Il mio twin set color carta da zucchero e la longuette al polpaccio dicono che sono presentabile  e oggi gurda un pò, ho ospiti a pranzo. La mia tarte tatin è pronta, sfigurerò?
L’autrice ci ha lasciato nel 1996 ma tanto di lei resta: sapersi comportare bene non è una moda  ma qualcosa da tenere sempre ben presente, è il galateo del saper vivere. E’ cosi semplice.



Cosa vi occorre:
Un paio di cucchiai di zucchero di canna
1 barattolo di pesche sciroppate
250 g di farina 00
200 g di zucchero
100 g di burro
4 uova
1 bustina di lievito


Come dovete procedere:
Montiamo le uova con lo zucchero, uniamo il burro sciolto e poi la farina setacciata con il lievito. Poniamo sul fondo dello stampo la carta forno e cospargiamo con un paio di cucchiai di zucchero di canna, poi sistemiamo le pesche in modo armonico e  versiamo nello stampo il composto.  Inforniamo a 160° a forno già caldo e statico  per 50 minuti circa.

martedì 20 novembre 2012

Pain au chocolat glutenfree




La cucina offre tante sfide soprattutto per chi  cuoco o  pasticcere non è. Per esempio, per la sottoscritta, ce n’è una che si rinnova ogni volta ma che lentamente sta imparando a vincere: riuscire a preparare un impasto soffice, corposo al punto giusto, dolce o salato, che dopo - vogliamo fare 2 giorni? - non sia da utilizzare come fermaporte o fermalibri. Facile direte voi. Che ci vuole? Si però l’impasto in questione non è realizzato con la solita farina, zero, doppio zero.., no. L’impasto deve essere glutenfree, senza glutine e credetimi, è tutta un’altra storia. Lo sa bene chi, volente o nolente (… e dolente!) deve usarlo. Ci sta che oggi è più facile di ieri. Che ormai il problema venuto a galla è di più facile risoluzione ma impastare questa farina richiede pazienza perché è … dura volendo usare un aggettivo su tutti. Scricchiola tra le dita, è meno malleabile e porosa e vuole liquidi, più di quanto se ne userebbero normalmente, insomma in generale da poca soddisfazione. Quando qualche anno fa  abbiamo scoperto un caso si  celiachia in famiglia ho iniziato a documentarmi. I celiaci non possono assumere glutine sotto qualsiasi forma, neanche in quantità micro. Non possono neanche mangiare cibi che magari in qualche modo sono venuti a contatto con il glutine per contaminazione. Per intenderci, pensate ad un mestolo usato per girare una normale pasta. E ancora: il glutine è contenuto anche in alimenti al di sopra di ogni sospetto (salumi, conserve, ecc..).Insomma, bisogna sapersi destreggiare e bene anche.   Per fortuna, ci sono tante associazioni che aiutano fornendo una lista dettagliatissima di alimenti e prodotti in commercio consentiti,il prontuario dell’AIC è uno di questi. Ho provato tantissime ricette che non prevedessero l’uso della classica farina ma molte, addirittura dopo un paio di ore, non erano neanche più commestibili. Possibile? Possibilissimo! I ricettari ci sono, tanti e danno indicazioni generali al riguardo ma non danno quel quid in più, il trucchetto magico che salva il palato e le cuoche ai fornelli. E qui interviene internet e il mondo delle foodbloggers, che testano, provano e riprovano come Sonia per esempio che tempo fa mi è stata ad ascoltare e mi ha dato dritte preziosissime messe subito in pratica…Oggi, a distanza di ben 3 giorni, taglio una fetta di questo gustoso pain au chocolat e penso tutta contenta con una nota di orgoglio  che porte e libri di casa   possono attendere…





 Cosa vi occorre:
 65g di burro
110g latte
 150g yogurt magro
2 uova + 1 tuorlo per spennellare se lo volete bello lucido
120gr zucchero
 1 cucchiaio miele
 12gr lievito fresco
 7gr sale
200g cioccolato al latte o fondente ma in tal caso aumentate un po’ le dosi dello zucchero o del miele.

 Come dovete procedere:
 Sciogliete il lievito nel latte intiepidito, unito il miele e 90gr di farina, mescolate tutto e mettete al caldo per circa 1 h e 30 minuti. Lasciate lievitare. Spezzettate il cioccolato con l’aiuto di un robot. Mescolate nella planetaria o in una coppa con delle fruste il lievito, la farina le uova, il tuorlo, lo zucchero , lo yoghurt e la biga pronta. Aggiungete da ultimo i pezzetti di cioccolato. Lasciate lievitare ancora, deve raddoppiare il suo volume. Prendete uno stampo, rivestitelo con carta forno o con burro e farina. Infornate una volta pronto a 170° in forno statico per circa 15 minuti.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...